Cahier de bord (3) – Vacone: una bottega e l’incosciente coraggio dell’Amore.

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È davvero esagerato parlare di Amore prendendo spunto dall’apertura di una bottega? In effetti così potrebbe sembrare, se ci si fermasse alla  prima osteria (circonlocuzione perfettamente azzeccata, in questo caso), ma non è questo il caso.

Questo è uno di quei casi, invece, in cui per capire appieno il senso di quanto si tratta, è  necessario scavare più in profondità, sia con la mente che (soprattutto) con il cuore.

Cominciamo dalla bottega, allora, che è stata battezzata dalla conduttrice, Filomena Minicucci, «Vacone Style». Si tratta di uno di quei tipici spacci di paese entrando nei quali l’olfatto è di una miscela di odori (misteriosamente gradevole e avvolgente) composta da aroma di pane appena sfornato, di salumi e formaggi e di detergenti. Di uno di quei minuscoli bazaar in cui al reparto alimentare si affianca quello del vestiario, delle calzature, delle ferramenta, dei tabacchi e persino una piccola edicola… e probabilmente dimentico qualche altra categoria merceologica. Uno di quei posti incantati e felici, insomma,  dove gli abitanti del villaggio possono acquistare qualsiasi cosa serva a condurre la vita quotidiana e ricevere in regalo dagli esercenti e dagli altri clienti, un sorriso, una consolazione e (perché no) anche una sporta di informazioni confidenziali e di chiacchiere amene.

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Sì, vabbè, ma cosa c’è di talmente singolare, in tutto ciò, da meritare un articolo di viaggio? Vediamolo insieme.

Innanzitutto possono sorprendere location e timing scelti per questa nuova “apertura”, vediamo perché:

a) gli abitanti del paese sabino non arrivano a 250, e già questo rappresenta, con ogni evidenza, un severo ostacolo a un adeguato sviluppo del business (lo so, potrei dire “giro d’affari”, ma il richiamo anglofono del nome scelto per l’esercizio commerciale mi spingono a utilizzare termini in piena sintonia);

b) già il periodo economico attraversato dal ostro Paese (stavolta inteso come “nazione”) non è dei migliori; l’arrivo e l’incarognirsi di questa pesante pandemia non contribuisce certo (né contribuirà presumibilmente ancora per un bel po’) a favorire la partenza di start up.

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Come detto più sopra, l’artefice di questa avventura si chiama Filomena Minicucci e l’amico Giampaolo Pinna, considerate le difficoltà di spostamento imposte dalle circostanze, si è prestato a sottoporla (per  «Cahier de Bord»)  alla breve ma corposa intervista che potete leggere qui di seguito..

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Filomena, a volte sembra davvero che a governare le cose di questo mondo ci sia davvero un destino che dispone e mette in pista accadimenti ben precisi, concatenati tra loro. Chiude la bottega che per tanti decenni ha servito gli abitanti di Vacone, lasciando il paese in stato (commerciale) di abbandono… ed ecco che arrivi tu.

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Non so dire se sia proprio un disegno del destino, come dici tu, ma di certo l’apertura di «Vacone Style» rappresenta al tempo stesso la realizzazione di un preciso progetto e il coronamento di un antico sogno. 

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Anche perché l’apertura di un nuovo esercizio, anche se di ridotte dimensioni come questo, non s’improvvisa.

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Quanto a questo non sono certo alle prime armi in tema di contatto con il pubblico, avendo avuto modo di sviluppare una cospicua esperienza attraverso le diverse attività svolte nel corso degli anni: attività nei villaggi vacanze (anche all’estero); gestione di un bar gastronomia a Terni; specializzazione nella creazione di cocktail, con ottimi risultati; servizi catering in diverse zone d’Italia.

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Per poi rientrare nel porto di partenza, a Vacone.

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Esattamente! Svolgere il mio lavoro nel paese d’origine, considerando oltretutto che non esiste nessuno, al momento, più vaconese di me: sono l’ultima autentica autoctona, essendo l’ultima “creatura” ad avere visto la luce in casa.

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Diciamoci la verità, però: in tutto questo c’è quasi una sorta di predestinazione, visto che in precedenza…

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Sì, è vero: era mia zia Adele (e prima ancora i suoi genitori Alteno e Giovanna) che gestiva il negozio fino a mesi fa. Quando ha decioso di ritirarsi, non essendoci altri che potessero proseguire l’attività, mi sono fatta avanti io, mettendo in campo tutto il mio impegno e la mia passione lavorativa.

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E questo nome… “forestiero” da dove viene?

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«Vacone Style», dici? Era il nome scelto per un’altro progetto che, tempo fa, avevo ipotizzato di portare avanti insieme ad alcuni amici. Da quando ho saputo che si era aperta questa possibilità,  mi sono messa in cerca di ogni appoggio necessario per avviare l’impresa, raccogliendo consigli e incoraggiamenti che hanno rafforzato la mia decisione.

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Insomma, Filomena è partita come una scheggia, carica e determinata come non mai, nonostante i negativi riflessi della crisi economica e di questo maledetto corionavirus che si è abbattuto su tutto il pianeta come una meteora impazzita.

Le auguro, semplicemente, che riesca a realizzare le sue ammirevoli e sfidanti aspettative:  lasciare un segno indelebile nella storia del paese e di tutta la Sabina.

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Tutto ciò premesso, resta ora la parte ancora più bella: scrivere qualche riga su Vacone Sabino.

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Paese intriso di antichità e tradizione millenaria appòollaiato all’antico e severo castello,  immerso nel verde delle pendici del Monte Cosce, nei pressi del bosco mistico del Pago sacro alla Dea Vacuna, fonte di leggende di tipo druidico,  nei pressi della mitica villa di Orazio e della leggendaria Fons Bandusiae, un tesoro storico e artistico la cui portata potrà essere pienamente valutata solo quando ne sarà terminato e compiuto il recupero archeologico al quale sta lavorando da anni una qualificata squadra di ricerca made in U.S.A.

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E, per finire, dopo i dovuti e sentiti ringraziamenti a Giampiero, abilissimo intervistatore, una curiosità di un certo interesse.

Di quanti abitanti vanti la sua anagrafe è già stato scritto qualche riga più sopra. Ove considerato che tra questi (direttamente o indirettamente) sono compresi ben quattro scrittori si potrebbe affermare che il piccolo gioiello della Sabina vanta una “densità di scrittori” di assoluto valore, superiore, persino (mi si perdoni l’ardire), a quella che fa della lontana e romantica Dublino la capitale ideale della storia della letteratura mondiale. Sto parlando di Pierino Petrucci, certosino studioso e ri-tessitore della storia di Vacone e dintorni, le cui suggestive radici affondano nell’humus fecondo delle campagne e dei boschi secolari; sto parlando di Stefano Mellini, residente in Emilia (prima Ravenna, poi Bologna), abile e sperimentato narratore. Sto parlando infine, naturalmente, del dotto saggista, divulgatore e giornalista Arnaldo Casali, esperto di medio evo e di cose religiose e vaticane,  di Patrizio Pacioni (da quasi venti anni trapiantato a Brescia), scrittore e drammaturgo di  grande esperienza e di alacre e composita produzione artistica.

Vacone Sabino, un piccolo paradiso di natura, storia, archeologia e solida e sapida culinaria contadina, a soli settanta chilometri da Roma.

Che aspettate a visitarlo? 

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