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Accondiscendendo alle richieste di numerosissimi amici di questo blog, parte con questo post una rubrica dedicata esclusivamente allo sport. A condurla, di volta in volta, saranno articolisti esperti delle varie discipline o (come in questo caso) provenienti dalle località interessate dall’argomento trattato. Questo pezzo di esordio reca la firma dell’amica siciliana Edvige.
Abbiamo deciso di cominciare, anziché dal vertice, da quella base che costituisce (o dovrebbe costituire) il vero humus della pratica sportiva: l’attività giovanile che è (o dovrebbe essere) fonte primaria di educazione e di preparazione delle nuove generazioni alle dure sfide della vita.
Ma è sempre così?
Potrete dirlo con maggiore consapevolezza dopo avere letto l’intervista con D., giovane e promettente pallavolista siciliana.
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D. , cosa rappresenta per Te lo sport?
Per me lo sport è un modo di essere, prima ancora che di esprimersi. Grazie all’appoggio dei miei genitori, l’ho praticato fin da bambina, passando da una disciplina all’altra. Prima il nuoto, naturalmente, (il rapporto con l’acqua e con il mare, per noi siciliani, è molto più di… una semplice amicizia) poi la danza e poi… l’incontro fatale con la mia passione, la pallavolo. Mi ci sono buttata a capofitto, al punto che, in brevissimo tempo, la società che mi ha accolto è diventata la mia seconda casa e l’allenatrice la mia seconda mamma.
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Te la senti di raccontare perché, a un certo punto, da qualcosa di così bello sono venuti fuori tanti dispiaceri? Come è cominciata questa storia?
Diciamo che per il 14° compleanno, naturalmente festeggiato in palestra mi è stato fatto, a totale mia insaputa, un regalo del tutto sgradito.
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Spiegati meglio.
Non so se conoscete cosa è il vincolo sportivo: è quel privilegio concesso alle Società sportive che in virtù di questo, possono gestire la vita sportiva degli atleti dalla età di 14 anni fino ai 24 e oltre. In base a esso, dal compimento del quattordicesimo compleanno, appunto, automaticamente, senza che venga firmato alcun contratto, un ragazzo o una ragazza si trovano legate indissolubilmente alla società sportiva per la quale sono tesserate. Ciò comporta che, in presenza di Società Sportive” dirette da personaggi privi di scrupoli, può comportare dei gravissimi problemi.
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E… nel tuo caso?
Nel mio caso, all’inizio tutto è filato liscio, tra vittorie di squadra e soddisfazioni personali, conoscenze importanti ed esperienze preziose di sport e di vita. Poi, un giorno, quasi per caso, i genitori delle giocatrici scoprono l’esistenza del famigerato “vincolo” e chiedono spiegazioni.
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Ottenendole prontamente, immagino.
Ah, certamente sì. Il Presidente ostentava un atteggiamento bonario e amichevole sia con le atlete che con le loro famiglie. «Non avete fiducia in me? Non preoccupatevi! Le mie ragazze sono libere di andarsene come e quando vogliono». Così si continuò a giocare e a vincere, anche se quell’aggettivo possessivo, quel “mie” avrebbe dovuto metterci tutti in allarme.
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Poi, però, è successo qualcosa.
Sì. Ci fu un’incrinatura del rapporto tra il presidente e l’allenatrice con la quale, come ho già detto prima, si era instaurato un rapporto vero e profondo, trovando in lei un’amica sincera e una seconda figura materna. Detto questo, è facilmente immaginabile quanto fosse forte il mio desiderio di seguirla nella nuova squadra.
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E invece no.
“Invece no” nel senso che, quando mio padre si rivolse al suo “amico” presidente per informarlo di ciò, questo gentiluomo rivelò la sua vera natura, in questo pienamente spalleggiato dalla discesa in campo di sua moglie, donna fin troppo determinata e volitiva, a voler usare termini positivi. Forte di quanto prescritto dalle “norme” la coppia da “Attenti a quei due” scatenò una vera e propria guerra, coinvolgendo me (e molte delle mie compagne) nel conflitto scoppiato con l’allenatrice: pretese esagerate, condizioni irragionevoli e talmente volubili da cambiare di giorno in giorno.
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Letteralmente allucinante. Cosa accadde poi?
Accadde che ci rivolgemmo alla Giustizia sportiva: un iter complesso e costoso, al termine del quale, ci rendemmo conto che anche da quella parte le porte erano chiuse: attenendosi strettamente alla lettera di regolamenti e regolamentini, appiattita sulle posizioni delle società, i giudici se ne lavarono le mani risbattendoci di nuovo tra le grinfie (citando un altro film) di “Bonnie e Clyde”, che ribadirono, ovviamente, l’assurda richiesta (anche i giudici la definirono tale) di 6.000 € per potermi “liberare”.
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E, sebbene a malincuore, il riscatto fu pagato.
Ecco, riscatto mi sembra proprio la parola giusta. Fu pagato, sì, per forza: che altro si poteva fare?
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C’è un insegnamento che si può trarre da questa tua disavventura?
Mia e delle mie compagne, tengo a sottolineare, prese anch’esse in ostaggio dalla società e dai suoi rappresentanti. Gli insegnamenti, a mio giudizio, sono due. Il primo, più di carattere generale è che di certi “amici” è meglio non fidarsi. Il secondo, più attinente alla vicenda è che, pur non potendosi evidentemente cambiare le leggi dello sport, si può almeno formulare un’avvertenza buona per chi, seguendo la passione per lo sport, si avvicina a una società sportiva che gli consenta di farlo: state attenti non vi fate accecare dalle false promesse, chiarite le vostre posizioni all’interno delle società sportive sin da subito con accordi chiari e scritti. E, soprattutto, state alla larga da soggetti instabili e disonesti come i miei (per fortuna “ex”) Presidente e Presidentessa. A quanto ne so, sono ancora in libera circolazione.
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Ma tu, nel frattempo, hai ricominciato a giocare?
Oh, sì! Con più voglia e più gioia di prima, se è per questo. La pallavolo è una dura ma preziosa maestra di vita, utilissima, per chi la pratica, ad apprendere quale sia il modo il modo giusto di affrontare le difficoltà, piccole o grandi, che la vita, inevitabilmente, dissemina sul cammino di ogni essere umano. persona. Le avversità sono come schiacciate che piovono sul tuo campo da parte di un avversario particolarmente agguerrito e potente. Se non si riesce a prenderne qualcuna, inutile restare in terra a disperarsi, bisogna subito rialzarsi e mettersi in posizione, perché presto o tardi arriverà la prossima, e bisognerà riceverla nel modo migliore.
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Edvige