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A torto o a ragione, ogni nuova uscita di Checco Zalone rappresenta un evento in grado di suscitare, sia prima, che durante che dopo, l’attenzione dei maggiori mezzi di comunicazione e, di conseguenza, anche di un vastissimo pubblico.
Non potevo dunque sottrarmi alla visione di «Tolo Tolo» nel primo giorno di programmazione nelle sale, e così è stato.
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La trama:
Il protagonista della storia è l’imprenditore Checco Zalone (proprio questo è il nome, nel solco di una sempre più stretta identificazione tra attore e personaggio interpretato).
A seguito dell’avvio di una temeraria operazione commerciale, nella quale coinvolge senza esitazione alcuna rovinosamente anche amici e parenti., concepita e portata avanti con scarsissima imprenditorialità e pesante “superficialità” fiscale, Checco si trova costretto a lasciare di gran fretta l’Italia.
Una volta insediato in un paese africano, però, il riattizzarsi di quei venti di guerra che tormentano, insieme ad altri flagelli, il continente nero, Checco è costretto a tornare sui propri passi. Il modo migliore che trova per farlo, con intuibili sviluppi paradossali e altrettanto prevedibili occasioni comiche, è quello di mischiarsi con il flusso degli autentici migranti. Non per tornare in un’Italia degradata da burocrazia e corruzione (senti chi parla!) ma per proseguire, magari insieme ai suoi scalcinati compagni di avventura, verso il più asettico Liechtenstein.
La mia recensione:
Il tema scelto da Zalone è interessante e di grandissima attualità. Altrettranto credo si possa dire per l’originale idea di rovesciare la prospettiva, inserendo un italiano nel flusso dei migranti, per osservare il fenomeno da un’angolazione diversa.
Nonostante questo, però, durante e dopo la visione del film, resta una sensazione di incompiutezza, la sensazione che una grande occasione sia stata mancata.
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Intendiamoci: il divertimento non manca e lo spettacolo vale il costo del biglietto. Checco Zalone è istrionico e ruspante quanto basta a suscitare il sorriso spesso e volentieri, i co-protagonisti (a partire dal piccolo Doudou) sono stati scelkti con attenzione e si calano nei personaggi interpretati con convinzione ed efficacia, la fotografia è perfetta, anche se la scelta di inserire alcune coloratissime animazioni non sembra delle più azzeccate, togliendo continuità alla narrazione, ma…
Ma questa volta sembra proprio che Checco Zalone abbia esagerato nel tirare colpi a cerchi e a botti, insomma a non voler scontentare nessuno. Ci sono i richiami contro il razzismo e il fascismo (che viene paragonato alla malattia un po’ schifosa della “candida”), c’è la consueta satira contro le mancanze dello Stato e la disinvoltura civica dei cittadini, ma c’è anche qualche battuta che sicuramente non dispiacerà ai cosiddetti sovranisti e che sarà ripetuta tipo mantra in ambienti teoricamente insospettabili. Insomma, un minestrone che si è voluto cucinare buono per tutte le bocche ma che però, proprio per questo, finirà per lasciare insoddisfatti molti dei palati più fini.
Esco dal cinema convinto che, parafrasando quel che si diceva una volta “troppa grazia, Sant’Antonio“, a proposito di Tolo Tolo di potrà dire “troppa furbizia, signor Checco!”
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Valerio Vairo