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A vederlo dall’alto (un aereo, un elicottero, un aliante, un drone, un marchingegno da parapendio? chissà…) ad altro non rassomiglia che a un agglomerato di vecchie case abbarbicate alle rocce, come altre migliaia e migliaia ce ne sono in Italia e nel mondo.
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Invece no.
A Vacone Sabino, in provincia di Rieti, più o meno a 70 km da Roma come distanza stradale, ma molto più lontano, infinitamente più lontano dalla Capitale in termini di ritmi, di atmosfere, di scenari naturali e urbanistici e di filosofia di vita, è ancora possibile conoscere e studiare (come dall’esame dell’interno di un tronco) i centri concentrici che ha tracciato lo scorrere della Storia.
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Ne abbiamo parlato con Pierino Petrucci, che il suo paese lo ama assai e che le leggende, le tradizioni, i costumi, le vicende e i personaggi più significativi di Vacone ha cominciato a studiare anni fa, scendendo sempre più in profondità con la meticolosità di un certosino e tanta, tanta curiosità. Sull’argomento ha già scritto e pubblicato (sotto l’egida del Comune di Vacone che ne ha curato l’edizione) ben quattro trattati: «Ottavio Bertollo, una storia vera» (2012), «Vacone contro Torri» (2014), «12 Aprile del 1944, una tragica giornata» ( 2016), «Vacone nel 1600» (2017) .
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Che Vacone sia un antico borgo, lo si nota anche… a occhio nudo. Quello che ti chiedo, però, è a quando risalga l’epoca dei primi documenti che ne attestino l’esistenza come tale e ne certifichino “ufficialmente” la Storia.
Sono passati circa mille anni da quando Vacone é comparso per la prima volta in un documento. Mille anni di storia, di enormi sacrifici, di duro lavoro dei suoi, mediamente, trecento abitanti. Tanti potevano infatti “campare” con le “possessioni” esistenti. Nel corso dei secoli, le generazioni che si sono succedute hanno fatto del loro meglio per conservare e abbellire il paese, o meglio ciò che considerano la propria Patria e la propria Terra.
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Da quel che so, però, non è che i vaconesi, per riuscire a farlo, abbiano avuto a disposizione risorse economiche illimitate…
Non mangiavano, molte sono state le carestie, ma la lampada ad olio sull’altare del SS Sacramento doveva restare sempre accesa. Vivevano in condizioni disumane ma la chiesa, le vie, i beni pubblici venivano manutenuti. Sofferenze atroci, guerre, tiranni come feudatari eppure Vacone cresceva.
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A un certo punto, però, le cose sono cambiate.
Infatti. Sono cambiate al punto che, oggi come oggi, la situazione è questa: distrutte le mura del paese, torrioni diventati terrazzi, balconi edificati sulle mura, ingresso distrutto (per permettere alla SAMA -la societa di autotrasporti che, all’epoca, gestiva i collegamenti su strada con Roma- di fare inversione di marcia; peraltro inutilmente, visto che i pullman in paese non ci sono mai arrivati), chiese come Santo Stefano lasciate andare in rovina o in perenne assenza di manutenzione. Ma non solo: alcuni affreschi sono stati ricoperti o sono andati distrutti. Chiaramente con qualche eccezione. Questo non toglie che i Paesani, per quanto in loro possibilità, abbiano continuato a intervenire economicamente per sanare qualche grande criticità.
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A proposito di criticità: quali sono le più gravi, in questo momento?
La chiesa principale e quella del Convento hanno bisogno di manutenzione. Ci piove dal tetto. I quadri sono in pericolo. L’unico affresco rimasto a Vacone, oltre quello piccolo situato nella nicchia sulla facciata della chiesa parrocchiale, sta sparendo.
I documenti dell’Archivio hanno bisogno di un urgente restauro: ci sono libri del 1600 che, arrivati fino a noi quasi intatti, sono ora in pessime condizioni. Il castello è in rovina. Il “sacro” leccio è ormai moribondo.
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Dunque? C’è ancora la possibilità di fermare questo degrado?
Purtroppo i piccoli paesi come Vacone “non se li fila nessuno”, troppo insignificanti come bacini elettorali. Le fondazioni culturali delle banche ci snobbano, pochi ritorni di immagine o peggio pochi risparmiatori “da acquisire”. Sì, mi rendo conto: si tratta di un’accusa forte, ma fondata.
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E allora?
Allora prepariamoci al peggio, ma chiediamo scusa ai nostri avi se non siamo stati alla loro altezza. Peccato, considerato che, come ho detto all’inizio, Vacone è comparso per la prima volta in un documento ufficiale da circa un millennio, ma è ancora troppo giovane per morire.
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Possibile che non ci sia nessuna notizia positiva? Una fonte di speranza?
Da circa sei anni un gruppo di archeologi stranieri, coordinati dalla Rutgers University Neawark del New Jersey,con il mandato della Soprintendenza del Lazio , stanno scavando con passione nel nostro territorio. I risultati sono molto soddisfacenti. Stanno emergendo infatti i resti di una bellissima villa.
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Due significativi dettagli degli scavi archeologici in corso a Vacone
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Scrive Bartolomeo Piazza nel suo libro “Gerarchia Cardinalizia” nel 1702: «una grotta lunga tutto d’un filo palmi 190 e larga 30, sopra le quali vegetano piante e olivi…sono muraglie fortissime e ancora intiere… in una pietra era scritto Moecen Benefact». Il ritrovamento di questa pietra, la vista del Soratte (monte che Orazio descrive nella sua Ode a Taliarco) la presenza in zona di una fonte chiamata Blandusia, anche essa cantata dal poeta, hanno fatto ritenere al Piazza che questa fosse la villa del Poeta. Per adesso lo scavo non ha portato alla luce nessun elemento che conferma questa ipotesi.
Altra notizia interessante e che vedo alcuni nostri giovani manifestare una voglia di cambiamento e di rilancio del nostro paese. Sarà solo una mia impressione? Spero di no. Anche perché, in caso contrario, davvero Vacone non avrà scampo.
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Valerio Vairo
La storia di vacone è simile a quella di molti comuni contermini . Appassionante ma.difficile. Dove si trovano i libri e con chi si può parlare. Per visitare il Borgo? Fatemi sapere. Un ringraziamento per il tempo che.avete dedicato e per lo spirito battagliero
Gentile signor Mario. sto girando il Suo commento a Pierino Petrucci, più qualificato di ogni altro a fornirLe ogni informazione in merito a quanto richiesto. Un cordiale saluto e grazie per l’attenzione dimostrata a questo articolo.
Valerio Vairo