
Premetto che sono un convintissimo assertore della dignità di ogni specie animale, impegnato per questo anche in attività sociali. E che questo articolo, nelle mie intenzioni, è volto, tra l’altro, anche a salvaguardare chi si batte per la protezione degli animali ad ampio spettro dalle strumentazioni e malevole speculazioni che possono scaturire da tragici accadimenti del genere favorendo chi perora abbattimenti di orsi, di lupi etc. etc. senza alcun rispetto per le leggi naturali.
La cronaca riporta che, in pochi mesi, si sono registrati in Italia (e chissà che cosa nel frattempo è accaduto all’estero – o nell’orbe terracqueo, come dice una certa politica di altissimo livello) diversi casi di aggressione da parte di cani nei confronti dei loro padroni (soprattutto bimbi figli di questi ultimi) o di semplici estranei entrati casualmente in contatto con loro nel posto sbagliato e, soprattutto, nel momento sbagliato. Questi incidenti hanno data luogo a una drammatica serie di morti, mutilazioni o, comunque, gravi ferite. Quando è andata bene, per così dire, l’attacco è stato sferrato contro quadrupedi della loro stessa specie ma di taglie più ridotte e di litigiosità meno accentuata. L’ultima notizia in merito, quella che mi ha spinto a pensare e a scrivere questo articolo, l’ho appresa nella giornata di oggi dai media. Viene da Acerra, comune di quasi 60.000 abitanti facente parte della provincia metropolitana di Napoli.
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La notizia :
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Acerra, bimba di nove mesi sbranata nel letto dal pitbull. S’indaga sulle due versioni del padre (La madre al lavoro, lui dormiva – In ospedale ha detto che era stata aggredita da un randagio).
Sulle lenzuola del letto in camera matrimoniale ci sono macchie di sangue. Sulla facciata della porta di ingresso dell’abitazione, che dà sul pianerottolo, c’è attaccato con lo scotch un foglio bianco con su scritto: «Locale sottoposto a sequestro penale». All’obitorio, invece, c’è il corpino di una neonata. Nel cuore della notte, all’interno di un’abitazione di Acerra, in provincia di Napoli, s’è consumata una storia che si fa fatica a raccontare e sulla quale adesso stanno indagando la procura della Repubblica di Nola e il commissariato di Acerra. Una bimba di 9 mesi è stata sbranata dal pitbull di famiglia mentre stava dormendo nel letto matrimoniale.
Sul volto e sulla testa, i medici hanno riscontrato ferite lacero contuse compatibili con i morsi del molosso. Ferite profonde, che hanno dilaniato la piccola, sfigurandola e trasformandola in una maschera di sangue. In quanto tempo si sia consumato lo strazio, forse sarà difficile da accertare.

La casa dove una bambina di 9 mesi è morta sbranata da un pitbull (ansa)
(fonte Manuela Galletta – La Stampa)
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Il momento dell’ovvietà non percepita :
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Immagino le obiezioni che mi verranno mosse per essermi occupato di un argomento divisivo come questo, in particolare una: «Non esistono cani intrinsecamente cattivi: e, dunque, pericolosi per chi li ospita e per le loro famiglie; ogni colpa, in caso di spiacevoli incidenti, andrebbe fatta ricadere unicamente su certi proprietari, incapaci di educare e gestire correttamente i propri amici a quattro zampe».
Non nego che questa affermazione sia priva di una certa coerenza e, sostanzialmente, aderente alla realtà, ma ugualmente la trovo, ahimé!, superficiale e incompleta.
Perché, allo stesso modo, si potrebbe dire, solo per fare un esempio: «Non esistono tigri intrinsecamente cattive, siano esse sottospecie del Bengala, della Malesia oppure di Sumatra. Se attaccano un essere umano è perché sono affamate o si sentono aggredite, dunque basterebbe tenerle sempre a pancia piena e comportarsi con loro con la massima gentilezza, e non sbraneranno mai chi le ospita e le accudisce».
Sì, ma chi di voi, in tutta sincerità, terrebbe in casa una tigre siberiana di duecento chili di peso e di tre metri di lunghezza che, tra l’atro, a causa di questi parametri fisici non potrebbe nemmeno accoccolarsi sul letto per scaldarvi i piedi?
So benissimo da solo che si tratta di un esempio limite, ma a volte bisogna un po’ enfatizzare per spiegare meglio un concetto.
Tra l’altro, sapete che la potenza della mascella di un Pit Bull adulto (ovvero il tipo di cane che ha ucciso la bambina di Aversa) è della spaventosa misura di 37,6 kg per centimetro quadrato?
Per non parlare del campione mondiale di questa singolare categoria, ovvero il Kangal, il cane con il morso più potente del mondo; un molossoide, cane da guardia originario della Turchia, a quanto si dice molto fedele e protettivo con la famiglia che lo adotta: la potenza del suo morso può raggiungere i 743 psi, equivalenti a circa 50 kg per cmq.
Quanto basta per lacerare carne, tranciare muscoli e cartilagini, spezzare qualsiasi tipo di osso del corpo.
In poche parole: per uccidere.
E allora, la domanda che poniamo a chi legge: perché mettersi nel proprio appartamento, o anche nel giardino di casa, o portare a passeggio nel parco (tra l’altro quasi sempre, inspiegabilmente, senza museruola, spesso anche libero dal guinzaglio, un essere dotato di volontà propria il cui attacco può risultare mortale sia per i propri simili che per un essere umano?
Quanto alla storia dell’educazione preventiva, regge solo fino a un certo punto. Perché può capitare che un animale, proprio come qualsiasi essere umano, incappi in un momento di ira incontrollabile, oppure, semplicemente che abbia una crisi di follia.
A vedere bene, insomma, ed eccolo finalmente l’uovo di Colombo di oggi, avere in casa certe belve (assicuro ai miei amici animalisti che nel termine usato non c’è alcuna intenzione dispregiativa, tra l’altro annovero tra le mie stesse conoscenze non pochi bipedi cui calzerebbe perfettamente l’appellativo in questione, per non parlare dei protagonisti della cosiddetta vita pubblica) è un po’ come tenere una pistola con il colpo in canna nel cassetto della scrivania. Perché farlo? Non va bene un chihuahua, un barboncino, un dalmata, uno shih tzu o, voglio esagerare, un golden retriever? O, ancora meglio, un simpatico bastardino salvato dal canile municipale?
A certe persone piace evidentemente convivere con il pericolo, per sé e per gli altri, anche se non riesco proprio a capirne il perché, e di solito non succede nulla.
Di solito, appunto, ma basta e avanza che l’impensabile accada una volta.
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Patrizio Pacioni (*)
(*) Scrittore, drammaturgo e blogger
Da socia LAV, concordo pienamente.