《Allora, secondo te, è meglio il libro o il film?》
Quante volte avete posto e/o ricevuto una domanda del genere? Decine, ne sono sicuro.
La trasposizione dalla carta alla celluloide di una determinata storia è operazione di estrema delicatezza e responsabilità.
Il caso di Diecimila muli , edito da Bompiani, è però una roba del tutto differente.
Intanto l’autore (Salvatore Maira) di mestiere fa proprio il regista. Dettaglio non trascurabile se si vuole capire in quale modo questo libro (decisamente ben congegnato e ben scritto) possa dare l’illusione di seguire la complessa e drammatica vicenda proiettata sul grande schermo di una sala cinematografica.
Anche se il titolo parla di muli (diecimila per giunta!) nei principali personaggi di questo corposo romanzo sono identificabili ben altre specie di animali: lupi, sciacalli, faine, cinghiali, avvoltoi e serpenti.
Anche qualche leone, però, e una tigre ferita, che continuano a lottare nonostante tutto e nonostante tutti, fino alle estreme conseguenze.
Finita la guerra, grazie ai buoni uffici degli alleati anglosassoni, la neonata Repubblica Italiana ottiene di poter pagare in natura le cosiddette “sanzioni di guerra” finalizzate al risarcimento della Grecia: il prezzo è fissato in 10.000 muli, animali utilissimi, per la loro tranquilla forza e infaticabile laboriosità, alla rinascita delle genti elleniche.
Il risparmio insito in tale specie di rimborso è sicuro, ma l’impegno necessario a reperire un così elevato numero di quadrupedi che rispondano ai criteri di valutazione applicati dai beneficiari, è tale da far tremare i polsi. Si tratta di un business di notevoli dimensioni che, grazie a una serie di circostanze favorevoli e alla incrollabile volontà di crescita che contraddistingue la famiglia Maiorana, Peppino e i suoi fratelli (a volte in contrasto tra loro, ma mai irrimediabilmente divisi, capaci di compattarsi anziché di scoraggiarsi allorché la vita li mette a confronto con le prove più impegnative e difficili) riescono quasi miracolosamente ad acquisire. a scapito di potentati assai più forti e privi di qualsiasi scrupolo morale.
Da questa situazione, direi da questa vera e propria impresa dall’esito quanto mai incerto, prende origine e spessore un grande affresco narrativo,in cui stupisce, oltre alla eccezionale varietà e nitidezza dei riferimenti storici e geografici, il gran numero di personaggi chiamati alla ribalta: Salvatore Maira, proprio come fosse sul set, in piedi dietro la macchina da presa o seduto su uno di quegli scomodissimi sgabelli flosci che solo i registi sembrano amare, li dirige con puntigliosa attenzione, chiedendo il massimo ma, allo stesso tempo, riservando a ciascuno di essi la dovuta attenzione e un’ adeguata esposizione alla luce dei riflettori.
Nell’azione che si dipana, essenzialmente, tra la Roma convalescente del dopoguerra, dai polverosi alberghi e dai primi incerti vagiti che annunciano l’epoca rampante e scapigliata della dolce vita e la Sicilia, piena di sapori e umori, che si sublimano e si esaltano in una specie di città fantasma sorta a ridosso del porto di Messina, poliziotti masticati da una vita difficile e resi cinici dalle crudezze del mestiere esercitato, attempati e malinconici innamorati, incalliti delinquenti da strada, agenti segreti, mafiosi, politici, puttane, semplici camerieri, capistazione, nani e ballerine, s’incastonano nella narrazione con mirabile armonia.
Tra tutti una citazione d’obbligo per l’ambizioso e mai domo Peppino Maiorana e per il problematico e introverso commissario Giulio Antonio Saitta.
Colpi di scena a raffica, che s’innescano uno nell’altro, come fili, ciascuno di diverso colore e spessore, nel medesimo groviglio (“Sono tre romanzi che s’intersecano” osserva sul finire, al momento del destabilizzante scioglimento finale, un inquirente che si trova a tirare le fila di tanti misteri e tante tragedie. “No, sono più di trenta” gli risponde il suo interlocutore, uno di quelli che, se tolgono la maschera che travisa il volto, è solo per mostrare quella che c’è subito sotto) ma che, nell’epilogo, dopo un lungo e tormentato viaggio nei primi misteri della Repubblica Italiana, dal riciclo dei criminali di guerra fascisti all’insurrezione separatista, alla strage di Portella della Ginestra e alla misteriosa uccisione del Bandito Giuliano, trovano, tutti, esauriente spiegazione.
Un libro da leggere, sfogliando il quale, oltre a vedere con gli occhi della mente le immagini così abilmente suscitate dall’Autore (risulterà credibile anche la traversata marina dello Stretto fatta a nuoto da una caparbissima mucca!), vi stupirete ad avvertire anche gli intesi odori, e persino i sapidi sapori, di una quanto mai carnale Sicilia.
Titolo: Diecimila muli
Autore: Salvatore Maira
Editore: Bompiani
Anno: 2016
Pagine: 746
Prezzo: 19 €
ISBN: 978-88-452-8197-6
Salvatore Maira nato a San Cataldo il 20 settembre 1947, regista. Laureato in Lettere e Filosofia presso l’università La sapienza di Roma, presso la quale è ricercatore di Letteratura Italiana, lavora dal 1974 al 1977 per una casa editrice, poi esordisce alla regia con un telefilm poliziesco realizzato per la RAI. Nel 1978 è ideatore e co-sceneggiatore di una miniserie in cinque puntate tratta dai racconti polizieschi di don Isidro Parodi scritti nel 1942 da J.L.Borges e A. Bioy Casares. Nel 1999 dirige “Amor nello specchio”, tratta della commedia di G. B. Andreini.
Ha anche preso parte all’attività della Fondazione Cinema nel presente (ideata da Citto Maselli), partecipando a film collettivi (tra i quali si segnala quello realizzato sugli accadimenti del G8 di Genova e dirigendo un documentario sul crollo della scuola di San Giuliano di Puglia (tragedia in cui trovarono la morte ventisette bimbi e un’insegnante) causato dal rovinoso terremoto che colpì il Molise nel 2002. Nel suo film Valzer, che ha la particolarità tecnica di essere stato girato facendo ricorso a un unico piano sequenza, Maira ha avuto la soddisfazione di aver visto Valeria Solarino (interprete principale) ottenere il riconoscimento de migliore artista nel Premio Pasinetti in occasione 64ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia che vide tributare allo stesso regista una menzione speciale.
Il Lettore